martedì 20 gennaio 2009

Garlasco: i misteri del pc di Stasi e un'ora e mezzo per uccidere Chiara

Fonte: Cronaca qui 13 gennaio 2009

Quarantadue immagini nella memoria del suo pc Stasi le ha guardate un’ora prima del delitto

Giallo di Garlasco, l’hobby di Alberto: bimbi di cinque anni stuprati dai pedofili


GARLASCO 13/01/2009 - Filmati inequivocabili. Bambini di appena cinque anni obbligati a fare sesso e ad avere rapporti orali con uomini adulti. Fotografie raccapriccianti, che non lasciano dubbi sull’età dei protagonisti. Per Alberto Stasi sarà difficile ribattere all’accusa di deten­zione di materiale pedopor­nografico. A inchiodarlo sono le imma­gini che trovano spazio nella relazione di 88 pagine del Ris di Parma. Materiale ille­gale trovato nel computer portatile dell’ex studente modello e in un hard disk esterno.

IMMAGINI ORRIBILI
Sono chiari i volti dei bam­bini, neanche adolescenti, costretti a subire abusi. Pic­coli soli o insieme ad altri compagni di sventura che con occhi terrorizzati guardano in faccia chi li abusa o chi filma la scena. Bambini, qualcuno non ha neanche cinque anni, costretti a sve­stirsi, a toccare corpi di adulti, a sorridere nonostan­te tutto. Impossibile confon­dere i loro volti con quelli di maggiorenni, impossibile dimenticare i loro sguardi.
Diversi i file trovati nel com­puter del 25enne laureato in Economia e Commercio alla Bocconi, ma sono pochi i frammenti inseriti nella consulenza tecnica. «Foto­grafie e filmati, di manifesto contenuto pedo-pornografi­co», scrivono il capitano Al­do Mattei e l’appuntato scel­to Saverio Paolino incaricati dalla Procura di Vigevano.

«CHIARA NON HA VISTO»
Contenuti che Chiara, ucci­sa nella sua villetta a Garla­sco il 13 agosto 2007, non guardò mai. Non emerge che la sera prima del delitto, co­me spesso ipotizzato, la 26enne scoprì l’esistenza di quelle immagini nel compu­ter del fidanzato. Così uno dei moventi ipotizzati sem­bra perdere forza. Nessuna immagine rubata e la possi­bilità di svelare quel mistero sarebbe stata la molla di un delitto ancora irrisolto. Nei giorni precedenti al delitto non ci sono stati accessi a quelle immagini. L’hard di­sk, utilizzato per memoriz­zare quei filmati, non è stato usato tra il 5 e il 13 agosto 2007, sostengono gli esperti. Immagini al centro di un’operazione della polizia postale della Lombardia che ha portato alla denuncia di 102 persone. Dall’indagine della Scienti­fica che ha scrutato tra docu­menti, accessi a internet ed email private di Alberto emergono quei video memo­rizzati dopo il 22 ottobre 2006, data in cui è stato in­stallato il programma “eMu­le” usato per acquisire e con­dividere filmati.

SU E-MULE
Secondo gli esperti del Ris di Parma «la presenza delle copie dei film sull'hard disk esterno, evidenzia la volon­tà dell'utente di archiviare detto materiale per poterne usufruire in momenti suc­cessivi». L’ex studente mo­dello, in sintesi, ha volonta­riamente memorizzato quei video. Nessun errore, quin­di. Pochi margini di difesa anche se i legali preferisco­no non rispondere. La relazione degli esperti, però, svela anche un altro retroscena inedito: Alberto, poco prima dell’uccisione di Chiara, stava guardando un film porno. Esattamente, secondo l’analisi del suo computer, la visione è ini­ziata alle 10.05. «Un’ante­prima - viene definita nella consulenza tecnica - creata dal programma “Windows Media Player” riferita, in questo caso, a un filmato dai contenuti pornografici».

Nessuna indiscrezione in più su una rivelazione che non lo scagiona. «L'analisi corrente evidenzia l'assenza di attività dalle 10.37 alle 11. 57 del 13 agosto» si legge nella relazione. Secondo il medico legale, però, la 26en­ne fu uccisa tra le 11 e le 11.30, quindi l'unico inda­gato avrebbe avuto tutto il tempo di raggiungere via Pa­scoli e compiere il delitto. Nessun alibi dietro quel computer su cui Alberto ha cercato di costruire la sua innocenza.

«Stavo lavoran­do alla tesi» si è sempre limi­tato a dire davanti agli inqui­renti. Oggi, gli esperti dimo­strano che mentiva. Dovrà spiegare anche questo se, dopo l’udienza preliminare fissata per il 24 febbraio, Al­berto sarà processato per omicidio e detenzione di im­magini pedo-pornografiche.

Antonietta Ferrante

Gli avvocati Giarda e Colli: «Per i nostri periti i fotogrammi che descrivono i carabinieri non sistono»

«Quei video noi non li abbiamo trovati. Sono prove nulle»

GARLASCO 13/01/2009 - «I nostri periti, seguendo le indicazioni date dai cara­binieri, non hanno trovato il materiale descritto dall’ac­cusa. E poi, soprattutto, quel computer è stato analizzato e controllato senza la presenza di noi legali o dei nostri peri­ti, senza rispettare i più ele­mentari diritti dell’indagato. Quelle prove, pertanto, che avrebbero dovuto se mai es­sere utilizzate in sede di inci­dente probatorio, sono nul­le».
La pensano così i legali di Alberto Stasi, gli avvocati Angelo Giarda e Giulio e Giuseppe Colli, in merito al­le fotografie a sfondo pedo­pornografico rinvenute nel pc e nella “chiavetta” dell’unico indagato per il de­litto.

Quando la notizia del rinve­nimento da parte dei carabi­nieri del materiale shock è rimbalzata sulle pagine di tutti i giornali, comportando per Alberto l’accusa di de­tenzione e diffusione di ma­teriale pedopornografico, gli avvocati hanno precisato che «il computer di Stasi è stato prelevato dalla sua camera da letto, insieme con tre paia di scarpe, già il 14 agosto 2007, il giorno dopo il delit­to».

I carabinieri, secondo la difesa, lo avevano ispeziona­to già allora. In quella sede, Alberto ha dichiarato di non avere mai ceduto via internet le immagini per le quali in­vece è stato poi incriminato. Il computer, quindi, è al cen­tro di una ‘guerra’ tra accusa e difesa. Un possibile mo- vente del delitto di Chiara secondo qualcuno, una pro­va nulla secondo la tesi di­fensiva che sostiene una let­tura unilaterale e non garan­tita del computer che la ren­de inutilizzabile ai fini pro­cessuali. Secondo l’avvocato Giarda «il computer andava esaminato con incidente probatorio. L’esame di un pc costituisce un atto intrinse­camente irripetibile».

Recentemente, poi, le imma­gini pornografiche (ma con protagonisti adulti) erano state al centro di una diatriba fra e difesa e parte civile. Secondo Giarda, infatti, Chiara era a conoscenza dei filmati “hard” contenuti nel pc del fidanzato. Secondo la famiglia, invece, Chiara non ne era a conoscenza, e non li avrebbe mai approvati. Parti­colarmente dura è stata la mamma della vittima, Rita Preda: «Mia figlia era una ragazza senza ombre. Mai e poi mai avrebbe accettato una situazione del genere».

[a.fe.]

Le analisi sul disco fisso incastrano il 25enne

La relazione dei Ris: «Un’ora e mezza per uccidere Chiara»

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GARLASCO 13/01/2009 - Alibi o movente. Nel computer portatile di Alberto Stasi potrebbe esserci la verità sul caso di Chiara Poggi, uccisa nella sua villetta a Garlasco il 13 agosto 2007. Nella relazione di 88 pagine firmate dal Ris di Parma emerge il contenuto dell’hard disk dell’ex studente modello, indagato per omicidio e detenzio­ne di immagini pedopornografiche.
Foto e frame di filmati che non lasciano dubbi sull’età dei protagonisti e che sono state spesso indigate come il movente di un delitto ancora irrisolto. È questo uno degli aspetti che emerge dalla relazio­ne firmata dal capitano Aldo Mattei e all’appunta ­to scelto Saverio Paolino. Un altro, non meno importante, svela un retroscena inedito: alle 10.05 del 13 agosto Alberto, poco prima d el l’uccisione di Chiara, stava guardando un film por­no.

LA MATTINA DEL DELITTO
Una mattina, quella dell’omi­cidio, che per Alberto inizia poco dopo le 9. L’ex studente modello accende il computer alle alle 9.36, un minuto dopo si accredita, poi alle 9.57 apre un program­ma per effettuare piccole modifiche delle immagini. «Stavo lavorando alla tesi» è l’alibi del 25enne, ma a quel documento non lavora mai.
Poco dopo le 10 guarda un’immagine: «Un’anteprima - si sottolinea nella relazio­ne del Ris- creata dal programma “Windows Media Player” riferita, in questo caso, a un filmato dai contenuti pornografici». Alle 10.17 viene registrata sulla cronologia di Internet Explorer l’apertura o la chiusura del file della tesi. «Si è accertato - si spiega nella relazione tecnica - che dopo le ore 10.17 non sono presenti tracce informatiche che comportano la presenza attiva di un utente che interagisce con il pc».
In mattina­ta, secondo gli esperti, non sono stati appor­tati cambiamenti alla tesi «in quanto non esistono file temporanei che identificano la digitazione di nuove parti di testo con relati­vo salvataggio». L’ipotesi che siano stati rimossi definitiva­mente appare irreale, in caso contrario significa che il do­cumento è stato chiuso cor­rettamente e che Alberto «ab­bia smesso di lavorare al file ’core preventivo.doc’ alle 10.17.30».

GLI ORARI
Un orario che gli lascia tut­to il tempo per realizzare il delitto. La morte di Chiara risale tra le 11 e le 11.30, secondo gli esami dell’au ­ topsia. Solo alle 11.57 Al­berto ricomincia a lavo­rare al computer. Un las­so di tempo, tra le 10.18 e le 11.56, che lo rende un perfetto colpevole. Alberto ha il tempo materiale per uccidere e non ha più un alibi. In più di un’ora, il 25enne può infierire sul corpo della fidan­zata, lavarsi, disfarsi degli abiti e dell’arma insanguinata, tornare a casa, crearsi un alibi e solo poco prima delle 14 dare l’allarme.

Un piano quasi perfetto che l’accusa dovrà di­mostrare in ogni dettaglio. La prima partita si gioca il 24 febbraio prossimo: Alberto potrebbe essere processato per omicidio.

CRONACA QUI 13 GENNAIO 2009

Antonietta Ferrante

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